
Sconti alle studentesse iscritte a lauree “maschili”: è polemica
L’Università “Aldo Moro” di Bari ha recentemente inserito una misura tutta particolare nel proprio regolamento tasse relativo all’anno accademico 2021/2022. Questa, in parole povere, permetterà alle ragazze e alle donne che si iscriveranno a corsi di laurea “a prevalenza maschile” di usufruire di un 30% di sconto sulle tasse accademiche.
Cosa dice il regolamento sugli sconti
Come si può leggere sul sito dell’Ateneo, questo chiarisce che:
“In linea con il principio della parità di genere sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, le studentesse con ISEE non superiore a € 30.000 iscritte ai corsi di laurea in cui il tasso di frequenza femminile è al di sotto del 30%, entro la durata normale del corso di studio aumentata di uno, usufruiranno di una riduzione del 30% del contributo onnicomprensivo.”
Lo sconto del 30% quindi deriverebbe, in maniera diretta, da quel 30% di studentesse iscritte a corsi di laurea normalmente scelti da colleghi di sesso maschile, un numero significante basso che va equiparato. Non a caso, la misura è aperta dal titolo “Gender Gap”.
Per le lauree triennali si parla di corsi in Informatica, Informatica e comunicazione digitale (TA), Informatica e tecnologie per la produzione del software, Fisica, Scienze e Tecnologie agrarie, Storia e Scienze sociali. Per i corsi di laurea Magistrale invece si parla di Computer Science, Data Science, Medicina delle piante, Phisics, Scienze Agro-ambientali e territoriali, Scienze e Tecniche dello sport, Scienze e Tecnologie dei materiali, Scienze strategiche marittimo-portuali, Sicurezza Informatica.
Le parole del Rettore e la polemica
«I dati ci dicono che pur essendo le donne iscritte all’Ateneo circa il 62% del totale, la percentuale si abbassa per alcuni corsi di laurea. E per invertire questa rotta – spiega il Rettore Stefano Bronzini – l’Università di Bari ha fortemente sostenuto questa iniziativa che vuole favorire una più ampia partecipazione delle donne anche ai corsi di studio tradizionalmente “maschili”, per aprire la strada ad una sempre maggiore partecipazione delle donne in determinati ambienti di lavoro.”
La manovra, nonostante le spiegazioni del Rettore, è andata incontro a più di un parere sfavorevole. Questi ha infatti detto, a il Fatto, che “è mio compito far capire che le politiche di genere partono da qui”.
La critica arriva da Cristina Gauri su Il Primato Nazionale, che si chiede se questo “da qui” dovesse essere per forza di cose una misura a svantaggio degli studenti maschi che, a parità di ISEE, si ritroveranno costretti a pagare più delle proprie colleghe. Certo, la manovra viene da “direttive europee”, come dice lo stesso Rettore. Ma era davvero l’unico modo possibile?