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Digital Humanities

Digital Humanities. Beni Culturali e materie letterarie: il corso di laurea alla Suor Orsola Benincasa

È proprio vero che il mondo cambia insieme al linguaggio. O, potremmo dire, il linguaggio che cambia è sicura “spia” di svolte radicali nella storia dell’uomo e del suo rapporto con la realtà. “Scienze umane digitali” (digital humanities) non è affatto una definizione “forzata” da parte di una presunta contemporaneità anglofila o tecnofila. Il “digitale”, al contrario, è un elemento fondamentale per gli umanisti di oggi. È un’arma formidabile per gli studiosi di oggi appassionati del mondo di ieri

Ce ne rendiamo conto ogni giorno: mostre “immersive” digitali sui grandi della pittura, programmi di divulgatori culturali (ad esempio Alberto Angela) che si giovano della “realtà aumentata” o “virtuale” anche per illustrare particolari della storia umana – ad esempio una “ricostruzione visiva” dei sotterranei del Colosseo, per dirne una… -. E l’elenco potrebbe continuare. Insomma, se oggi uno studente universitario sente bruciare in sé la “missione” della ricerca storico-letteraria o dell’insegnamento, deve dotarsi di un armamentario digitale. Per fortuna il mondo accademico si sta attrezzando in maniera molto seria per fornire delle risposte concrete a queste “nuove necessità”. Quindi diciamo ai ragazzi di star tranquilli… la “completezza” della loro formazione sta a cuore agli atenei, e dunque anche il loro “bagaglio digitale”. 

Digital Humanities: l’umanista digitale

Potrebbe, quella di umanista digitale, entrare certamente in una ideale lista di “nuove terminologie” che esprimono i vissuti culturali della new generation. Nella presentazione del corso di laurea magistrale in “Digital Humanities. Beni Culturali” del Suor Orsola la definizione compare proprio nella definizione della mission didattica. In pratica: siamo qui per formare umanisti digitali. Il passato abbraccia il futuro. Non si parla di “dottori in Lettere” o in “Storia dell’Arte”. No: si utilizza proprio il termine rinascimentale (“umanista”), quello che si accostava a Lorenzo de’Medici, Poliziano, Lorenzo Valla… E lo si unisce al digital world. Come se nascesse una cosa nuova… E in effetti già viviamo immersi nel “nuovo”. Ci siamo abituati, quasi senza accorgercene, a studiare in maniera digitale. Prima abbiamo fatto l’esempio di Alberto Angela e delle “mostre immersive” presenti dovunque nelle nostre città. Ma sono tanti gli strumenti da acquisire «per gestire e promuovere la digital transition».

Non si può… e non si deve tornare indietro

Bisogna, oggi, sfruttare fino all’ultima goccia di tecnologia per capire le lettere. Altrimenti non si sarà “buoni professori” o “buoni ricercatori”. Il “sapere” va integrato e reso “fruibile dagli altri” grazie all’ICT (Tecnologia della Comunicazione e dell’Informazione), altrimenti la nostra “sapienza” rimane sterile, non dà frutto. Oggi un docente – ad ogni livello – deve saper elaborare/creare un database; deve essere capace di scansionare, digitalizzare e visualizzare un “testo” in modo intelligente e creativo, per “prender di peso” l’attenzione dei ragazzi e portarla verso il “testo” stesso. Il “testo”, poi, può essere una poesia, un dipinto, una cartina geo-storica… Le “nuove competenze” hanno bisogno ormai di un vocabolario rinnovato. Per dirne solo una, chi si concentra su un “testo”, oggi, deve sapere che ha un prezioso alleato filologico nel data mining, cioè la tecnica di estrazione di informazioni utili da enormi quantità di dati. Il resto lo lasciamo scoprire ai ragazzi!