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La cyber security tra i ruoli lavorativi chiave dei prossimi anni

La cyber security si presenta sempre più come una conoscenza adatta a rendere competitivi i ragazzi nel mondo del lavoro. E non solo. È anche un approfondimento necessario nell’ambito della riflessione sull’etica della contemporaneità.

La cyber security è qualcosa che spesso viene percepita come “lontana”, iper-tecnica, sia come bagaglio di concetti che come linguaggio. Qualcosa per “professionisti”, anzi di più, per “geni” del web. Invece può costituire proprio una delle porte in direzione di una “familiarizzazione” con il mondo dell’informatica digitale, che ormai occupa gran parte delle nostre vite professionali e di relazione, e costituisce quasi un “prolungamento” di noi stessi, delle nostre percezioni e delle nostre potenzialità. 

Un’intervista illuminante

Il professor Ivano Di Santo, docente all’interno dell’Accademia Nautica dell’Adriatico, e responsabile per l’area Cyber Security dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, in una recentissima intervista ha posto l’accento sulle implicazioni culturali ed etiche delle competenze in sicurezza informatica e digitale. Ed ha insistito sull’enorme importanza che questa “scienza digitale” potrà avere per il futuro formativo e professionale dei ragazzi delle nostre scuole superiori e dei nostri corsi di laurea ingegneristici ed informatici. Il discorso di Di Santo è di ampio respiro: «La Cyber Security ha un approccio molto sociale: ha le capacità per aiutare gli altri a poter essere difesi, e non solo su internet: tutela in modo molto forte la libertà. L’esperto di cyber security più che un mago dell’informatica è una sorta di medico, un dottore dell’informazione». 

Cyber security: una avvincente problematica “sociale”

Secondo il professor Di Santo, ciò che manca ancora è la percezione della sicurezza informatica come problema sociale quotidiano alla stregua dei problemi che riguardano l’incolumità fisica e psichica degli individui. Prosegue Di Santo: «Che differenza c’è tra la difesa fisica e quella dei sistemi, dei dati e di internet? Non c’è nessuna differenza. Nel momento in cui insegni al ragazzo che impara a lavorare che deve mettersi l’elmetto e le scarpe antinfortunistiche, gli devi insegnare a proteggere anche i suoi dati e i dispositivi che usa […]. Deve cambiare la percezione: un braccio rotto lo si vede e fa male, ma milioni di euro trafugati fanno male allo stesso modo. E’ un problema di percezione, tra materiale e immateriale: l’immateriale sembra non avere valore, ed è falso». Ecco perché la cyber security entrerà sempre più tra i bisogni fondamentali delle società. E sarà una porta per l’occupazione dei giovani.